LE ORIGINI - LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Uno dei tanti misteri che circondano la storia del fucile modello 1891 è senza dubbio quello correlato
all'utilizzo dell'ottica. L'unica cosa certa è che la comparsa dell'ottica montata sul fucile modello 1891 fu
durante la prima guerra mondiale, affermazione avvalorata solo grazie alla documentazione fotografica e
ad alcuni ritrovamenti fatti nei territori coinvolti durante il conflitto. Come già ribadito in altri capitoli del
sito, la storia del fucile modello 1891 e di tutti i suoi derivati è ancora in parte da scoprire, in attesa che
qualche documento venga ritrovato in vecchi archivi che oramai non consulta quasi più nessuno.
Purtroppo anche per questa tipologia d'armi non esistono documenti validi che attestino la quantità di
armi allestite, quante e quali ottiche siano state effettivamente usate, quante di queste armi siano
giunte ai reparti e trattandosi di armi particolari, quale peso abbiano avuto per la vittoria finale. Gli
studiosi indicano che probabilmente furono approntati circa duemila fucili modello1891 (Carlo Montù nella
"Storia dell'artiglieria italiana"), utilizzando diversi tipi di ottica e di conseguenza attacchi e supporti
diversi. Dato appurato è che inizialmente si utilizzarono delle ottiche di produzione francese Scheibler e
Amigues e successivamente le ottiche italiane della società “La Filotecnica” di Milano.
Sta di fatto che una gran parte di questi "segretissimi" fucili con ottica svanirono nel nulla, unica
informazione (non ufficiale) è che furono ritirati dai reparti, negli anni '20, disassemblati e stivati in
qualche oscuro magazzino.
Altra ipotesi della mancanza o non ritrovamento dei documenti ufficiali è che dopo la sconfitta nella
seconda guerra mondiale, le nazioni vittoriose sottrassero molta documentazione e materiale che
portarono nel loro Paese d'origine. Attualmente le fonti importanti da tenere in considerazione restano,
oltre che le foto, il Museo della Guerra in Rovereto, il Museo delle Armi di Terni e il Museo del Risorgimento
di Roma, sedi presso le quali si possono trovare i fucili modello 1891 con ottica, dei quali andremo ad
analizzare l’aspetto e la struttura, trascurando se siano armi genuine dell'epoca o trasformate in periodi
successivi.
Manualetto (non completo) di circa 20 pagine in formato 10x15, edito dal Laboratorio Fotolitografico del
Ministero della Guerra, Roma 1916.
Ottica Scheibler e Amigues
Le ottiche di produzione francese Scheibler e Amigues ci furono vendute, a seguito della loro dismissione,
dal governo francese nel 1916. I fucili modificati per ricevere l'ottica francese, portavano due risalti a
coda di rondine sui quali si fissavano, tramite viti, i corrispondenti incastri del supporto del cannocchiale.
Queste ottiche furono montate sui fucili modello 1891 in posizione disassata, infatti iI posizionamento
eccentrico del cannocchiale, fu determinato più che altro dal sistema di alimentazione (tipo Mannlicher)
dato che il caricatore a pacchetto simmetrico che viene introdotto dall'alto nell'interno della scatola
serbatoio non doveva incontrare ostacoli. Il fatto positivo era quello di poter verificare con le mire
metalliche (alzo e tacca di mira), che l'arma fosse puntata nella direzione del tiro e fatto non
trascurabile, quella di usare l'arma anche senza ottica.
Foto d'epoca che ritrae un soldato italiano "cecchino"* in posizione di tiro, col fucile modello 1891 con ottica francese e al suo fianco l'osservatore col binocolo.
* "cecchino" era il nome dato dagli italiani ai soldati austriaci che erano in possesso di armi con ottica, i quali essendo sudditi di Cecco Beppe (Francesco Giuseppe, imperatore d'Austria), era appunto chiamati cecchini.
Durante il conflitto altra abitudine acquisita dai soldati italiani nella guerra di trincea, fu quella di non accendere mai le sigarette in tre persone. Infatti all'accensione del fiammifero, il "cecchino austriaco" veniva allertato dalla luce, quando il secondo soldato accendeva la sigaretta, il cecchino prendeva bene la mira e il terzo, nell'atto di accendere la sigaretta, veniva colpito dal nemico. Per il dovuto rispetto alle persone più anziane, l'ultimo ad accendere la sigaretta era il più giovane; tuttora si suol dire che se si accende la sigaretta in tre "muore il più giovane".
Ecco un paragrafo dal racconto del soldato Michele Campana, unica testimonianza dell'uso del fucile con ottica e descritta nel libro edito nel 1918 “Perché ho ucciso” editore -Libreria della voce-.
“Ho per un anno fatto il cecchino, che sarebbe a dire il tiratore spietato, fra le rocce del Pasubio. Avevo un fucile a cannocchiale “Scheibler”: lo pulivo, lo oliavo da me, per paura che me lo sciupassero: nessuna cosa ebbe mai tante cure meticolose quanto quell’arma che mi procurava delle ore di passione: gli parlavo persino come ad essere animato ed intelligente. Ieri caccia grossa - Bravo perdinci ! Mi facesti un bel colpo ! Ne ero così sicuro, conoscendone per tante prove, i lievi difetti di puntamento e di alzo, che difficilmente sbagliavo colpo. Fino a cinquecento metri di distanza scommettevo per la morte di chi mi presentasse anche solo il capo davanti alle lenti del cannocchiale. Stavo appostato di solito nelle caverne del dente del Pasubio, ora a destra ora a sinistra, grandi finestre slabbrate nella roccia che dominavano da cento metri piu in alto, da una parte i posti avanzati nemici “il cocuzzolo dei morti” e tutta la rete dei camminamenti fino a Sogli Bianchi, dall’altra le trincee della casermetta difensiva e lo scoperto passaggio del “naso”. Stava li accanto a me il fedele attendente Costamagna…. Un fortissimo colono del Piemonte che parlava poco e menava le mani con l’esperienza di cinque o sei anni di guerra in Libia, a Rodi, qui: gridavamo ad un tempo: Eccolo ! Stai attento se casca. Ed avevo già fissato le lenti contro il nemico. Si ingrandiva e si avvicinava così che ne scorgessi anche le fattezze; la lancetta dello “Scheibler” lo rigava nel mezzo del corpo: già col rimbombo della botta riempiva la caverna. Non potevo discernerne l’effetto, che il rinculo dello scoppio mi faceva sbatter gli occhi e spostare le lenti del cannocchiale. Ma Costamagna non aveva battuto ciglio: acuiva gli occhi vividi fuori dalla grande feritoia, poi si rivolgeva a me, dal suo sorriso capivo già. Come è andata ?
Secco !!”
Descrizione dell'ottica
Il cannocchiale è montato fuori asse sul lato sinistro dell'arma, lasciando così libero l'accesso attraverso l'apertura sulla culatta mobile per l'inserimento del pacchetto di caricamento dentro la scatola serbatoio. L'ottica viene fissata sulle slitte a coda di rondine tramite pomelli zigrinati, che si avvitano in senso contrario, in modo che non possano essere bloccati in posizione avanzata o troppo arretrata. Il reticolo è del tipo fisso, mentre la regolazione dell'alzo avviene tramite un pomello zigrinato con le tacche di graduazione dell'alzo di 200, 400, 600 e 800 metri. Caratteristiche di quest'ottica sono le molle, che hanno la funzione, quella più lunga, di ammortizzare il rinculo dell'arma, mentre la più corta ammortizza il ritorno della prima molla. Sul tubo dell'ottica si trova anche una vite che blocca il cilindro dove è inserito il fine reticolo, tale regolazione permetteva di metterlo in posizione perpendicolare all'arma.
Ottica Salmoiraghi
Uno dei pochi documenti che attestano lo sviluppo e la probabile produzione di ottiche per le armi del Regio
Esercito, nel periodo imminente alla seconda guerra mondiale, è quello di un fucile modello 38 con ottica
Salmoiraghi, nominata a "gomito".
Anche di quest'arma si sa poco, restano solo alcune tavole e disegni al tratto, mentre abbiamo trovato in
commercio un'arma (proposta nell'articolo) della quale non conosciamo la genuinità, ma sicuramente riproduce
fedelmente le specifiche documentali.
Vista sinistra e destra dell'ottica montata su un fucile 91 modello 38 e la sua relativa custodia.
foto Marco Maccioni da: www.maccioni.net
Ottica di produttore ignoto
Particolare ottica ritrovata su un fucile modello 1891, con struttura simile, ma con forti influenze dei
costruttori tedeschi e austriaci della prima metà del '900, a quella della Filotecnica Milano.
Vista dal lato sinistro dell'ottica con le staffe, da notare gli uncini che si incastrano nei relativi castelli
(forse di produzione civile): tale sistema di aggancio e sgancio rapido deriva, quasi sicuramente, da
quello ampiamente in uso, prima della Grande Guerra ma anche successivamente, su armi tipo
Mannlicher e Mauser.
Il manuale in versione pdf
Queste sono le uniche informazioni ed immagini di cui disponiamo, consapevoli che molte informazioni scritte in questo capitolo sono da rivedere e correggere, sempre in attesa dei ritrovamenti di altri documenti che facciano un pò di chiarezza su questo argomento che affascina e fa discutere molti appassionati di armi italiane.
Si ringraziano per la collaborazione Eriode Bagioni, Armando Escalar, Maurizio Garetto, Marco Maccioni, Roberto Pavan e Vittorio Serra.
Vista della parte anteriore e posteriore dell'ottica montata su un fucile modello 1891, mentre sotto si notano i particolari dei castelli d'incastro.
Ottica Filotecnica Milano
Ottica della Filotecnica Milano con la sua custodia con impresso la matricola (presumibilmente) del fucile modello 1891 (collezione Eriode Bagioni).
(n.d.r. sulla rivista Diana Armi del 1987 viene citata un'altra ottica dello stesso tipo che riporta la matricola YN 9397)
Caratteristiche dell'ottica:
-Reticolo o oculare mm.43, interno oculare mm.30.
-Corpo in acciaio verniciato con trasparente.
-Corpo oculare bronzo laccato verde.
-Ghiera zigrinata per messa a fuoco (- 0 +).
-Ingrandimenti circa 4 x .
-Tacca di mira: alzo progressivo con riferimenli 100/200/300/400 metri.
-Numero di matricola 9051
-Costruttore: La Filotecnica Milano.-
-Peso 550 grammi.
-Custodia in pelle scura cucita a mano in cuoio spesso di forma cilindrica.
Vista laterale sinistra e destra dell'arma, l'ottica era montata in asse con la culatta e la canna.
Particolari dei supporti del'ottica e dell'otturatore, che in questa versione è ricurvo. Il supporto posteriore dell'ottica è ricurvo permettendo di mantenere l'asse con la culatta e permettere allo stesso momento l'apertura dell'otturatore e l'inserimento del pacchetto di caricamento.
Vista generale dell'arma.
Durante la seconda guerra mondiale si suppone che ci siano stati dei progetti per l'utilizzo dei nuovi fucili, mod.38 e mod.41 con ottica, di questi si conosce un fucile modello 41 approntato dalla Filotecnica di Milano e del quale esistono diversi cloni.
Una delle poche informazioni del periodo bellico (riportata da testimonianze d'epoca) è la richiesta del Regio Esercito di fucili con ottica durante la guerra nei Balcani. La fabbrica di Terni, in quel periodo, dichiarò di averne a disposizione circa un centinaio, ma si ignora se furono mai consegnati.
Mentre è certa la comparsa di un manuale edito nel mese di maggio del 1943 che istruisce i tiratori, facendo riferimento al fucile K98k tedesco con ottica ZF41.
Castello posteriore, si nota la struttura di incastro nella parte indicata dalla freccia, dove presumibilmente si può agire, sull'altezza del supporto e quindi sull'alzo dell'ottica. Nel castello posteriore , inoltre, si trova la vite di fissaggio dell'ottica stessa.
La regolazione in deriva avviene sulla vite dell'attacco posteriore, che permetteva lo sblocco dell'incastro a cosa di rondine e quindi il suo brandeggio.
la vite inferiore dell'ottica dovrebbe tenere il reticolo o un gruppo di ottiche, mentre le viti superiori della piastrina potrebbero fare la regolazione in altezza.
Scanalatura presente nel castello dell'attacco anteriore dell'ottica, questo accorgimento permette di puntare l'arma e mirare con le mire metalliche senza alcun impedimento.
Modifica sperimentale del serbatoio del fucle modello 1891. Questa modifica, visibile dal disegno tratto dalla foto di un fucile modello 1891 (TAC Armi gennaio 2007), permetteva di inserire il pacchetto di caricamento dal basso, anche se non è chiara la sua chiusura. Tale modifica fu progettata perchè l'ottica intralciava il normale inserimento della lastrina di caricamento.
Pomello zigrinato con le tacche di graduazione dell'alzo di 200, 400, 600 e 800 metri.
Pomelli zigrinati per bloccare l'ottica sulle slitte a coda di rondine, uno con avvitamento destroso e l'altro sinistroso.
Manubrio ricurvo dell'otturatore di primo tipo.
Molla che ammortizza il rinculo dell'arma.
Slitta di alloggiamento sull'arma.
Altro dettaglio delle viti, poste sul tubo dell'ottica, per la regolazione del reticolo o del gruppo ottico.
L'oculare in ottone dell'ottica, notiamo su questo lato la sua matricola e la stessa matricola impressa anche sulla custodia in cuoio.
Vista completa dell'ottica e della sua custodia.
Ottica della collezione del sig. Armando Escalar.
In dotazione, durante la prima guerra mondiale, al Tenente d'Artiglieria Alessandro D'Alessandro.
Pagina di un manuale d'epoca.
Vista della doppia molla di ammortizzazione del rinculo.
Viste dettagliate dell'ottica montata su un fucile modello 1891 (collezione del sig. Armando Escalar).
Viste dettagliate dei risalti per l'attacco dell'ottica (repliche conformi all'originale), montati sull'arma.
Foto di un cecchino italiano (autore ignoto, fonte Tac Armi).
Torretta di regolazione dell'alzo con riferimenti da 100/200/300/400 metri e la vite zigrinata per bloccare il reticolo.
Reticolo di mira.
La custodia che riporta la matricola dell'ottica e particolare dell'oculare con la ghiera zigrinata per la regolazione della messa a fuoco.
Attaco dell'ottica sull'arma del tipo a Pivot.
Dall'Istruzione per l'impiego del cannocchiale di mira modello Amigues, si trovano alcune informazioni rilevanti riguardo l'impiego dell'ottica. Vengono infatti descritte passo per passo le fasi sequenziali dell'attacco dell'ottica sull'arma e la successiva taratura. Altro passo importante trascritto in questo manuale è che veniva tassativamente vietato, tranne che per le regolazioni contemplate nel manuale di istruzione, qualunque intervento manuale da parte del tiratore come sulla slitta, l'ottica e i pomelli di regolazione. In caso di malfunzionamento l'arma con ottica doveva essere consegnata ai Comandi che avrebbero provveduto l'invio ai laboratori di competenza. Altra nota significativa, che pone un tassello importante sull'alone di mistero che circonda questo tipo d'arma è che ogni ottica aveva la sua arma specifica. L'ottica veniva tarata esclusivamente su un'unica arma e di conseguenza l'arma e l'ottica dovevano riportare lo stesso numero di matricola, se in qualche circostanza l'arma originale fosse risultata inservibile era tassativamente vietato montare l'ottica su un'altra arma.
Viste dettagliate dei risalti per l'attacco dell'ottica (repliche conformi all'originale), montati sull'arma.